Coronavirus: intesa dell’Asp reggina con i privati sui no Covid. La Uil-Fpl attacca: “Necessario prima potenziare le strutture pubbliche”

ospedale corridoio500di Mariateresa Ripolo - Un'intesa con i rappresentanti delle strutture sanitarie private in vista dei possibili scenari che si potrebbero delineare se l'epidemia da Coronavirus colpisse ancora più violentemente la provincia di Reggio Calabria. Le immagini degli ospedali lombardi al collasso preoccupano, soprattutto se si pensa che la sanità calabrese è probabilmente quella che in questo momento avrebbe maggiori difficoltà a gestire un'emergenza.

I vertici dell'Asp di Reggio Calabria, la commissione Straordinaria e il Direttore Generale Aziendale, hanno reso noto l'intento di chiamare in causa i privati «al fine – scrivono in una nota – di decongestionare i presidi ospedalieri dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria». Un accordo, tuttavia, che non sembra migliorare di molto la situazione degli ospedali pubblici che, invece, si troverebbero in prima linea davanti ai casi di Coronavirus.

L'accordo, infatti, sottoscritto in queste ore, garantirebbe «la disponibilità di posti letto, di sale operatorie e di percorsi diagnostici per i pazienti no Covid».

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«È apprezzabile la disponibilità delle strutture private in questo momento di emergenza, ma questo dimostra ancora una volta che i vertici aziendali non conoscono la tipologia sanitaria dell'Asp – attacca Nicola Simone, segretario territoriale Uil- Fpl, che spiega – ci sono i due ospedali spoke che possono garantire circa 400 posti letto, oltre alle strutture di Scilla, Melito, Gioia Tauro, Taurianova che garantiscono più di 500 posti letto. Perché, dunque, questa scelta?»

«Le strutture pubbliche potrebbero collassare in pochissimo tempo». Sono ormai note le condizioni di precarietà in cui riversano diverse strutture pubbliche reggine. Pochi i posti letto in terapia intensiva, pochi i dispositivi di protezione individuale come mascherine e tute idonee per contrastare la possibilità di contagio, pochissimo il personale medico a disposizione. Una condizione per la quale, al momento, non è stata trovata una soluzione.

«Sarebbe stato opportuno che i tecnici si impegnassero a potenziare le strutture pubbliche –ha concluso Nicola Simone – evitando lo spreco che si è verificato in questi anni presso il privato».